Versione inglese - English version - ISOLA DI VENTOTENE - OFFERTE - VACANZE
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Escursioni

Ventotene - escursioni, scogliera
Ventotene ha una dimensione spirituale che va ben oltre la sua limitata estensione geografica. I secoli di storia rivissuti ogni momento di permanenza sull'isola, il tempo piegato ai ritmi senza orari nè scadenze dell'essere stata per secoli terra di confino, la dimensione affascinante e sobria di una vacanza a contatto con una natura incontaminata, bastano appena a spiegare il senso di mancanza che coglie ,appena lasciata la banchina del porto. Tutte le informazioni sono tratte dalla guida archeologica Ventotene e Santo Stefano di Giovanni Maria De Rossi, edita da Guido Guidotti Editore e DALLA GUIDA TURISTICA Ventotene e S.Stefano, itinerari nelle due isole Pontine di Nicola Bosco e Filippo Ziccardi.


Itinerario storico - L'epoca Borbonica

Epoca Borbonica
Dopo la caduta dell'impero romano, solo una timida presenza di monaci benedettini, poi sostituiti dai cistercensi, abita un'isola considerata improduttiva dai suoi molti padroni che si sono succeduti nel tempo. Soltanto nel 1731, con la morte dell'ultimo dei Farnese, l'isola passa piano piano sotto il dominio dei Borboni, che gettarono i presupposti per una sua nuova urbanizzazione. Nel 1768, sotto Ferdinando IV, si diede il via ad un progetto organico di urbanizzazione dell'isola affidato a due illustri tecnici: Antonio Winspeare e Francesco Carpi. La città borbonica si sviluppò intorno ai due edifici simbolo del potere: il Castello e la Chiesa di Santa Candida. Per entrambi furono pensate due belle vie di accesso: al castello ci si sarebbe arrivati tramite una via carrabile che, sovrastando l'antico camminamento romano, avrebbe percorso in salita ed in modo concentrico il Pozzillo per poi sbucare nella Piazza del Castello. Alla chiesa ci si sarebbe arrivati invece tramite una scenografica serie di rampe che dal Porto Romano avrebbe raggiunto la Piazza Chiesa. Attualmente il Castello è la sede del Municipio di Ventotene e del suo Museo Archeologico, ma la sua fisionomia originaria è stata alterata dalla sopraelevazione di due piani effettuata in epoca fascista per adattarlo meglio alla sua funzione di allora, che era di carcere, mentre la sua funzione originaria era quella di una fortezza come è testimoniato dal suo orientamento, che presenta uno "spigolo" alla marina di Cala Nave, per meglio resistere alle cannonate. Il piano seminterrato era adibito a cisterna e fognatura, il primo ad alloggio per i militari e il secondo ad alloggio per gli ufficiali e i funzionari del governo.
La costruzione della chiesa iniziò il 13 Marzo 1769 e fù dedicata a Santa Candida il 22 Settembre 1774, sotto la gestione dei Cappuccini che nel 1792 la lasciarono ai secolari. Il complesso comprende la chiesa vera e propria al centro, di stile neoclassico. Alla sua sinistra c'era il convento, chiamato Cenobio od Ospizio. All'interno della chiesa sono degni di nota un quadro raffigurante una Madonna, forse del pittore Sebastiano Conca, e una bella statua lignea della Santa, che viene portata in processione durante la festa di Santa Candida.  


Itinerario storico - Il Carcere

Ventotene - escursioni, il carcere
L'isola di Santo Stefano trova il suo collocamento definitivo nel tessuto dell'arcipelago Pontino solo nel XVIII secolo, in epoca borbonica, quando si decide di sfruttare l'isola come palcoscenico di un angosciante esperimento illuminista, con la creazione di un carcere modello che permettesse la salvaguardia della società "sana" e l'espiazione della "giusta pena" dei colpevoli di reati.
Il costruttore del carcere fù il Carpi, che lo progettò secondo i dettami di una teoria codificata negli ultimi 20 anni del secolo da Jeremy Bentham, secondo la quale nei tentativi di recupero dei detenuti ...era possibile ottenere il dominio di una mente sopra un'altra mente... tramite una adeguata struttura architettonica. Il Carpi quindi riprese le linee architettoniche già sperimentate su Ventotene, formate da tre piani di archi e loggiate, ma le ripiegò su loro stesse in modo che queste guardassero all'interno di una struttura a ferro di cavallo, con la precisa volontà di fare in modo che il carcerato fosse cosciente del costante controllo a cui era sottoposto dai carcerieri. E' inutile sottolineare i contraccolpi psicologici sui carcerati, aggravati dal fatto inquietante che da nessuna parte del carcere accessibile a loro era possibile vedere il mare!

Il locale di tre piani circolari l'uno all'altro addossati, si distribuisce in 99 celle penitenziarie... che guardano solamente nell'interno della gran chiostra... e ciascun camerotto è largo palmi 16, lungo 17, ordinato a volta e preceduto da un arco. Questi archi formano due distinte successioni nel secondo e terzo piano, e ripartiscono in classi i prigionieri, che si assegnano per premio di esperimentata e lodevole condotta il piano superiore, e si riserba per gli irrequieti e i turbolenti il pianterreno. L'area circolare chiusa nel mezzo si scosta dalle celle a pianterreno, lasciando un interstizio circondato da una palizzata, che serve di passaggio ai prigionieri. Nel punto centrale,... in maniera che . potesse essere visibile da tutti gli ergastolani, si eleva una cappella di forma esagona, con altare nel mezzo... In questo medesimo recinto sono ancora cisterne, fanali e da ultimo una inferriata che corrisponde in un magazzino. Precede e si congiunge al circolare edificio... un avancorpo di fabbriche in dritta linea nel sinistro lato di esso, c’è un decente e ben servito ospedale, il resto di questo locale è addetto agli alloggi di un Comandante, di due Cappellani, degli Ufficiali sanitari, di un foriere della guarnigione di Marina e Veterani, e degli altri addetti alla custodia più immediata dei prigionieri.
Il penitenziario, non ancora ultimato, venne inaugurato sembra il 26 Settembre 1795, con l'invio di 200 detenuti. Due anni dopo i lavori furono ultimati e la popolazione carceraria aumentò ai 600 reclusi previsti dal Carpi, disposti in 99 celle Nelle due estremità del piano inferire erano già ricavate le celle di segregazione, prive di finestre. Nel 1853 sono ultimati i due grandi "orecchioni" quadrangolari ai lati dell'ingresso, utilizzati poi come laboratori. Intorno alla metà del secolo XIX il cortile centrale venne ristretto con la costruzione di un muraglione anulare, concentrico alle celle, diviso da due corridoi che permettevano l'accesso all'edicola esagonale e alle cisterne. Successivamente furono costruite due piccole torri a pianta poligonale, a Nord e a Sud delle celle e a loro addossate per tutta l'altezza dei tre piani. Altra grande variazione al progetto originario fù il dimezzamento delle celle, con la trasformazione in porta della finestrella che dava sul ballatoio. Contemporaneamente venne costruito un altro anello esterno alla struttura originale, sul retro del carcere e ribassato rispetto al suo piano inferire. Queste celle erano prive della finestra sul fondo e prendevano aria e luce solo dal corridoio. con queste variazioni la popolazione carceraria fù portata a 900 detenuti, in quali condizioni è facile intuire.

L'originaria destinazione di carcere per reati comuni iniziò a cambiare già nel 1799, quando furono destinati al penitenziario di Santo Stefano i primi perseguitati politici in seguito ai moti rivoluzionari di Napoli. Contemporaneamente iniziò a cadere l'alibi della "illuminata" spinta umanitaria che ne contraddistinse la costruzione e rimase solo la realtà di un carcere brutale, dove frequentissime erano le punizioni corporali e le angherie che la costruzione panottica non permetteva a nessuno di ignorare, e altrettanto frequenti erano le morti. Il carcere iniziò a diventare un luogo in cui i detenuti scomodi dovevano "sparire" e tale stato delle cose non cambiò con l'avvento del Regno d'Italia. Nel 1900 vi fù rinchiuso Gaetano Bresci, l'anarchico che il 29 Luglio uccise il re Umberto I. Un anno dopo morì impiccato nella sua cella dalle guardie e il suo corpo fù certamente gettato in mare. Con il tempo si stemperò l'utilizzo delle angherie fisiche, ma specialmente nel periodo fascista venne incrementato l'uso del carcere di Santo Stefano come luogo di prostrazione di spiriti "scomodi", come Umberto Terracini, Sandro Pertini, Mauro Scoccimarro e Rocco Pugliese, "suicidatosi" in cella. Dopo la Seconda Guerra mondiale il carcere riprese la sua funzione di penitenziario per detenuti comuni.

Il Carcere di santo Stefano è stato chiuso definitivamente il 2 febbraio 1965. 


Itinerario storico - Imperiale, il Porto Romano

Ventotene - escursioni, il porto romano
AppenaAppena sbarcati dal traghetto e usciti dalla banchina del Porto Nuovo ci si presenterà di fronte lo straordinario spettacolo dell'antico porto di Ventotene, interamente intagliato nel tufo. E' la prima sorpresa, la più singolare, di questa isola meravigliosa.
La cosa più evidente del porto romano è la fuga di arcate sulla destra, intagliate nel banco roccioso, che corrispondono ad altrettanti ripostigli. Sulla sinistra invece, il porto è protetto dal mare da un perimetro anch'esso di tufo. Tutto il complesso è stato ricavato asportando circa 60000 metri cubi di roccia dal banco tufaceo originario! Accanto alla imboccatura del porto, orientata a Levante, è chiaramente visibile una cavità con apertura in alto che conteneva le catene con cui veniva chiuso il porto in caso di pericolo o di mare particolarmente mosso. Di fronte si allunga il Pozzillo, costruito per lo sfiato della risacca e usato come luogo di alaggio per barche. Tra l'imboccatura del porto, la peschiera e il Pozziillo sono distribuite tre bitte intagliate direttamente nel tufo e usate dai romani ( e tuttora ) per ormeggiare le navi. Poco prima di arrivare al Pozzillo, si apre una bella sequenza di rampe costruita durante il riassetto urbanistico dell'isola voluto dai Borboni, che porta alla piazza della Chiesa e alla parte abitata di Ventotene.


Itinerario storico - Imperiale, la Villa Giulia

Ventotene - escursioni, villa Giulia
Imponente è l'effetto scenografico della Villa di Punta Eolo. Esso è stato ottenuto dall'architetto romano solo con la sistematica e ricercata fusione tra ambiente naturale e ordito architettonico. Visitando la villa basterà solo poca attenzione per riconoscere cortili, stanze, giardini, cisterne e terme, tutto quanto ciò costituiva il telaio della grande costruzione.

La villa, detta di Giulia per la tradizione che la vuole luogo di confino per la figlia dell'imperatore Augusto, è stata costruita certamente nella prima età augustea e si estende per oltre trecento metri di lunghezza e circa cento di larghezza sul promontorio della Punta Eolo. Sin dall'inizio del progressivo abbandono dell'isola da parte dei romani ( essa era proprietà dell'imperatore ), la villa attraverso sistematici saccheggi ha procurato materiale da costruzione per i suoi occasionali abitanti o fornito materiale per musei privati, come nel caso delle spoliazioni effettuate da Sir William Hamilton nel XVIII secolo. Il modo migliore per accedere alla villa è attraverso la rampa che dalla cala Rossano porta al cimitero dell'isola, cioè dal suo settore meridionale. La distribuzione dei singoli settori che compongono la villa accompagna senza soluzione di continuità l'andamento del terreno, che individua naturalmente tre "zone".

Il settore meridionale comprende tutta l'area tra il cimitero e la Cala Rossano che, meno "profonda" di oggi, era luogo di approdo per le navi. Questa zona costituiva un settore abitativo in stretta connessione con i "servizi" della villa come cucine e cisterne. Già all'inizio della strada che costeggia la cala si noteranno delle grotte relative ad una antica cisterna di raccolta delle acque dell'acquedotto romano provenienti dalla grande cisterna dei Carcerati. Tutta questa zona si indica generalmente con il termine domus. Tuttuno con la domus va intesa anche la grande exedra ricavata nella piccola valle intermedia che la collega al settore successivo.

Il secondo settore si può identificare con uno xystus, cioè una zona destinata al maneggio e ad area giardinata, come dimostrano le due aree aperte e affiancate, costituite da un lato da un lungo cortile per il passeggio e il maneggio e dall'altro dall'area giardinata.

Il terzo settore si incontra risalendo verso Punta Eolo, e va identificato con la vera e propria residenza affacciata a mare, lungo un asse obliquo NE-SO. Le testiomonianze, ridotte all'ossatura generale, ci richiamano certamente una successione di ninfei, piscine e stanzette affacciate sull'ampia terrazza tufacea a mezza costa, il tutto raccordato da scale e terrazze. Tutti gli ambienti sono compresi tra due spettacolari discese a mare. E' questo anche il settore delle terme. 


Itinerario storico - Imperiale, le cisterne romane

Cisterne romane
Ventotene, al contrario di Ponza, non poteva, e non può tuttora contare su una sorgente per l'approvviggionamento dell'acqua potabile. Quindi i Romani per sopperire alle necessità della Villa imperiale di Punta Eolo costruirono più o meno nella parte meridionale dell'isola due enormi cisterne per la raccolta delle acque piovane ma anche di quelle di filtrazione.

La prima cisterna, detta "dei carcerati" si troverà a circa un chilometro da piazza Castello, sulla destra della via Ulivi. Il suo nome deriva dal fatto che, cessato il suo uso originario, la cisterna fu usata come luogo di ricovero per i forzati che dovevano costruire la Ventotene borbonica. Essa è un enorme serbatoio ricavato direttamente nel tufo circa 10 metri sotto il livello della campagna che comprende uno spiazzo di raccolta delle acque a cielo aperto su cui si aprono due gallerie comunicanti fra loro, coperte a volta ed utilizzate per la conservazione delle riserve.

Le gallerie si allargano in tre corridoi per lato. Nella parete orientale del bacino aperto si concentravano i condotti di smistamento dell'acqua ( le fistulae se in piombo o tubuli se in cotto ). Cessato il suo uso come luogo di raccolta dell'acqua, la cisterna è diventata luogo di riparo per uomini ed animali, come è testimoniato dai molti graffiti e dipinti di ogni epoca che è possibile vedere dentro di essa. Proprio all'uso improprio di carcere si deve la costruzione dello sfiatatoio verso il piano di campagna, necessario ad aumentare la disponibilità di aria per i reclusi.

La seconda cisterna si trova a circa 400 metri dalla prima, su una traversa a sinistra della via Ulivi ed è conosciuta come "grotta Iacono", dal nome di una delle famiglie che hanno colonizzato Ventotene inviate dai Borboni nel 1772. La cisterna è nota anche come cisterna di "Villa Stefania" dal nome della moglie di uno degli Iacono del sec. XVIII. L'accesso alla cisterna avviene nella estremità sud-occidentale attraverso una scalinata sormontata da un arco. 


Itinerario storico - Imperiale, la peschiera romana

La peschiera, ovvero un luogo in cui era praticata l'itticoltura, si trova ai piedi del faro di Ventotene. Due erano le vasche coperte, dove veniva miscelata all'acqua di mare l'acqua dolce e dove, al riparo di onde e sole, i pesci potevano nidificare. Erano ambienti decorati con stucchi e praticati dal personale di servizio. All'esterno di queste due vasche ve n'era una terza, molto più grande e divisa in due, che serviva per la temporanea sistemazione dei pesci durante le pulizie periodiche, ma era anche la vasca dove avveniva un primo ricambio d'acqua nonchè la prima miscelazione con l'acqua dolce ( aquatio ) che doveva attrarre i pesci dal mare verso la peschiera. Un sapiente gioco di saracinesche e grate permettava il flusso dell'acqua o il passaggio unidirezionale dei pesci. Le tracce degli incassi delle saracinesche sono chiaramente individuabili lungo il perimetro della vasca.

Se si è subacquei, può essere divertente e istruttivo non togliersi la muta dopo una immersione e con le ultime 50 atmosfere visitare la Peschiera entrando da uno dei tre accessi. Considerando che dall'epoca romana il livello del mare si è alzato di circa 1 metro, oggi sotto l'acqua è possibile ammirare il grosso della peschiera e dei suoi condotti.


Itinerario naturale - Semaforo, Parata Grande, Moggio di Terra, Punta Arco

Ventotene - escursioni, Moggio di terra
Durata del percorso: 2 ore e 30 minuti circa.
Partendo dal Centro polisportivo, ai Cameroni, si costeggiano i campi coltivati a lenticchie, e si arriva ad un promontorio che sovrasta un'insenatura: Parata Grande. Da questa posizione elevata si possono osservare uccelli tipici dell'ambiente marino costiero, quali gabbiani, berte, colombacci. Tramite una scala di cemento si accede ad una spiaggetta di sassi, sulla quale si possono osservare posidonie ed alghe spiaggiate e, nelle pozze di marea, o appena sotto la superficie dell'acqua, i celenterati (meduse, coralli, gorgonie e attinie), molluschi (murici, chitoni, patellem aplisie, litodomi), crostacei (granchi, paguri, gamberi) ed echinodermi (stelle di mare, ofione, ricci di mare, oloturie).
Durante la risalita si possono vedere piante come la violaciocca selvatica, il limonio, il finocchio marino, la ferula comune, l'agave e la borragine. Proseguendo sulla via della Parata Grande, ci si immetterà in Via Ulivi e la si percorrerà in direzione opposta all'abitato. A circa 800 metri, visibile in alto su un promontorio, vi è il Semaforo, una vecchia postazione antiaerea della seconda guerra mondiale, attualmente trasformata nel "Museo Ornitologico". Nel vialetto che conduce alla costruzione militare si possono osservare fioriture primaverili dei sempre più rari narcisi tazzetta. Il Semaforo è uno spendido punto di osservazione non solo per abbracciare con lo sguardo l'intera isola, da una costa all'altra, ma anche per ammirare gli uccelli come gabbiani e gheppi, che si lasciano aiutare dal vento nei loro voli planati. Come tutte le altre Isole Pontine, anche Ventotene e Santo Stefano hanno una notevole importanza per gli uccelli migratori. La posizione tra le rotte migratorie lungo l'asse euro-africano rende infatti queste Isole Pontine una zona ideale di sosta per l'avifauna. Studi compiuti per molti anni nelle varie isole dell'arcipelago hano permesso di riconoscere 194 specie di uccelli delle quali sette stanziali.
Riprendendo l'itinerario, dal punto dove la strada costeggia un precipizio sul mare, chiamato Moggio di Terra, non è raro scorgere, specialmente nei mesi di maggio e giugno, i salti e le piroette di un piccolo gruppo di delfini tursiopi quasi stanziali, che frequentano le acque dell'isola saccheggiando le reti dei pescatori. E' possibile fare soggiorni di studio sui delfini, seguendone gli spostamenti su una barca a vela: basta iscriversi al WWF e prenotarsi presso il Ventotour Euro Center. Intorno all'isola vengono avvistari anche grossi cetacei come il capodoglio e la balenottera comune, e non rare sono la stenella striata e la tartaruga marina comune. Le acque sono pure ricche di calamari, cefali, cernie, dentici, murene, occhiate, saraghi, polpi, ricciole, rombi, salpe, scorfani, seppie, sugherelli, totani, triglie e altre varietà ancora.

Percorrendo Via Ulivi fin dove continua la strada asfaltata, poi girando a destra per un viottolo, tra agave, aloe e fichi d'India e coltivazioni di lenticchie, si arriverà alla sommità dell'isola: Punta dell'Arco, 139 metri sul livello del mare. In questa zona, passeggiando lentamente e osservando con attenzione la campagna circostante, si potrà, nei mesi di ottobre, novembre, aprile e maggio, vedere gli uccelli migratori dei piàù diversi ambienti, che utilizzano l'isola per soste di pochi giorni dirante i lunghi viaggi dall'Africa o dal nord Europa. Le specie vanno dei piccoli passeriformi ai grandi rapaci, dagli ardeidi ai rari caprimulgiformi - che non si trovano solo negli ambienti di gariga cioè nelle zone più o meno degradate della macchia mediterranea, ma anche in quelli di mare. Come vegetazione, nella gariga tra i fichi d'India, le ferule e le more, c'è anche qualche olivastro e un gelso. Dai pendii e fino al mare, si alternano coltivazioni di broccoli a macchie di colore con euforbie, cinoglossi, ginepri e lentischi. Nei campi, durante le giornate calde e con poco vento, camminando senza far romore, è facila osservare la lucertola campestre ed il suo predatore: il biacco, l'unico serpente (non velenoso) dell'isola, in una specie molto più scura si quella continentale ma con il ventre chiaro. Lungo la strada di ritorno al paese si passerà pe raltri punti panoramici con vista sul mare, incontrando numerose piante erbacee e arboree: artemisia, mirto, fiordaliso delle scogliere e ginestra spinosa. Nel giardino della scuola elementare di Ventotene un grande albero di carrubo può suggerire quale fosse l'aspetto dell'isola prima dell'arrivo dei coloni del Settecento, quando era ancora ricoperta da una foresta di olivastri, lecci e, appunto, carrubi.


Itinerario naturale - Navigando intorno all'isola

Ventotene - escursioni, navigando intorno all'isola
Il punto di partenza e d'arrivo sono il Porto Romano, mentre la lunghezza del percorso è di 7 chilometri.
Coloro che arrivano in barca possono seguire un suggestivo itinerario marittimo. Ma anche chi non disponesse di una propria imbarcazione può noleggiarla al Porto Romano, oppure può farsi lasciare in un punto raggiungibile solo via mare e farsi poi venire a riprendere dagli stessi barcaioli.

La bellezza di questo itinerario è strettamente legata all'origine dell'isola. Ventotene infatti fu eruttata, sotto forma di enorme lapillo, dalla bocca di un vulcano marino che esplose circa un milione e mezzo di anni fa, e si andò ad appoggiare sul fondale sabbioso poco profondo. L'origine vulcanica spiega la caratteristica conformazione delle sue costre, che appaiono per lo più scoscese, levigate dal mare e dai venti, con rare insenature. Le spiaggie sono poche, mentre numerosi sono gli angoli suggestivi che si possono ammirare dalla barca. Uscendo dal Porto Romano e dirigendosi verso destra si passa davanti alla spiagga Cala Nave, quindi davanti alle Fontanelle (così chiamate per gli zampilli di acqua potabile che sgorgavano dopo le piogge), caratterizzate da suggestive calette nelle quali non è opportino fermarsi: l'estrema friabilità del tufo produce frequenti frane. Continuando l'itinerario, si arriva, dopo pochi minuti, a Cala Battaglia. La spiaggia, abbastanza ampia e riparata, è raggiungibile agevolmente solo via mare, perché è franato quasi completamente l'ultimo tratto della stradina che dalla terra (di proprietà in passato della famiglia Battaglia) conduceva alla spiaggia. Proseguendo verso il Capo dell'Arco si arriva a Parata della Postina, una spiaggetta di ciottoli e sabbia, protetta da un lungo e piatto scoglio semisommerso, sul quale si può trovare refrigerio dalla calura estiva, abbronzandosi col riflesso dell'acqua.

Il cambiamento della struttura geologica dell'isola, da giallo tufaceo a nero basalto, segnala che ci si trova nella zona di Capo dell'Arco, un promontorio roccioso che si innalza per 139 metri. E' forse la zona più suggestiva dell'isola, per l'imponenza delle alte coste, per le sorprese che riservano gli scogli, ricchi di pozze naturali, canali e vasche, e per il blu cobalto delle acque profonde. Costeggiando questi scogli si può sceglere un approdo facile ed isolato. All'estremità sud-ovest dell'isola si apre nella roccia una stupenda insenatura, che crea una piscina naturale dai riflessi multicolori, profonda circa un metro, in cui i pesci nuotano in mezzo ai bagnanti. L'immersione con la maschera riserva uno straordinario spettacolo di flora e fauna marine del Mediterraneo.

Lo spendore dei luoghi nasconde le tracce di un tragico evento che ha segnato la memoria della comunità isolana. Il 24 luglio del 1943, il piroscafo di linea 'Santa Lucia' partì, come di consueto, da Ponza diretto a Gaeta. La rotta passava per Ventotene ma proprio a due miglia ad ovest dell'isola, l'aviazione inglese lo silurò. I passeggeri rimasero vitime del mitragliamento aereo. Tutti meno uno: il comandante, miracolosamente scampato al massacro. Il relitto giace a 45 metri di profondità al largo di Capo dell'Arco e nel luogo dell'affondamento, le autorità ed i parenti delle vittime si recano regolarmente per una commossa commemorazione.

Proseguendo ancora verso il Porto Nuovo, superata la stretta insenatura di Parata Grande, si sgorge, nei pressi di Punta Eolo, una caletta coperta da un costone di tufo. Anche questa è una spiaggetta di ciottoli ma per buona parte in ombra, tranne gli scogli larghi e piatti che si trovano alla sua sinistra (per chi osserva dal mare), e che offrono una bella prospettiva degli Sconcigli.

Per i sub, muniti di pallone segnaletico, l'esplorazione del fondale del canale, fino agli Sconcigli, riserva la visione di antichi frammenti di vasi, ormai calcificati sul fondo: resti dei naufragi delle navi che, come capita ancor oggi, si incagliavano sul basso fondale roccioso.

Sulla parte destra della caletta si trovano due varchi semisommersi nel tufo che possono far vivere, senza alcun pericolo, intense emozioni. Entrando a nuoto nel carco più grande, a destra si può infatti udire l'eco fragorosa del mare che si insinua da una larga apertura sul fondo, dalla quale è anche possibile affacciarsi. I riflessi azzurri e verdi dell'acqua sulle pareti ricreando una specie di antro dei tritoni. Il condotto fa una volta a gomito, sulla sinistra, e diventa più basso e scuro, pur restando sempre abbastanza alto da consentire di stare in piedi e sufficientemente illuminato dalla luce che viene dall'uscita.

Dopo poco, la costa appare profondamente scavata con tagli squadrati e regolari: si tratta delle Pietre Tagliate. Nell'area della villa imperiale, i coloni ventotenesi tagliarono grandi blocchi di tufo per edificare le loro abitazioni, distruggendo ampi tratti di ruderi archeologici ma creando, involontariamente, comode piattaforme per i bagnanti delle generazioni successive.   


Itinerario naturale - Navigando in canoa

Ventotene - escursioni, canoa
Il punto di partenza e d'arrivo sono il Porto Romano, mentre la lunghezza del percorso è di 7 chilometri, non e' richiesto un allenamento specifico ma solo un po' di pratica con la pagaia.

Per chi non l'avesse, la canoa può essere affittata rivolgendosi alla cooperativa dei barcaioli, presenti sul molo del porto Romano. Innanzi tutto verificate le condizioni del mare e del vento prima di imbarcarvi; poi indossate il giubbotto di salvataggio obbligatorio; portatevi acqua da bere ed un cappello. E' consigliabile partire all'alba pe chi voglia fare belle fotografie ed avere buone probabilità di avvistare i delfini. Avendo la colazione a sacco si può trascorrere un'intera giornata di mare fermandosi nelle calette più selvagge e solitarie e visitando grotte marine ed altre cavità prodotte dal mare, non raggiungibili a piedi. In primavera ed autunno si possono ammirare numerose varietà di uccelli tra cui falchi, aironi, pivieri e qualche esemplare di martin pescatore, nascosto in alcuni anfratti della costa rocciosa.

Nella scelta dei punti di sosta nelle calette è necessaria molta prudenza: alcune sono sulla verticale della parete rocciosa ed è frequente la caduta di pietre.

Uscendo dal Porto Romano si girerà verso il Faro, lasciandosi sulla destra la Peschiera Romana. Seguendo la costa si arriverà in pochi minuti al Canale di Mast'Alfonso e sulla spiaggia di Cala Nave, passando tra gli scogli Nave di Terra e Nave di Fuori. Superato il promontorio delle Fontanelle, nel tratto che porta alla Punta di Arturo, nella parete tufacea si trovano grotte in cui si poò entrare solo con la canoa. Andando avanti, si arriverà alla spiaggetta di Cala Battaglia, che sta sotto un'imponente parete tufacea. Subito dopo si toccherà la bella spiaggia di Cala Postina o Spiaggia degli Innamorati (anche questa raggiungibile solo dal mare).

La costa prosegue con una parete alta, con stratificazioni nel tufo giallo, eroso dal vento, fino al punto denominato L'Acqua Dolce. Da qui in poi la costa scopre le rocce basaltiche, in vari strati che testimoniano le successive fasi eruttive. Il mare, sotto costa, cambia tonalità di colori, accentuando il blu ed il verde smeraldo. Inoltre, a livello del mare, si trovano numerose piccole grotte, seminascoste, all'interno delle quali, si può rimanere strabiliati dai colori che l'acqua assume.

Prima di doppiare Punta dell'Arco sono visibili le Saliere: buche nella roccia che servivano per la raccolta del sale. Punta dell'Arco, così denominata per il suo profilo ad arco, rappresenta il punto più alto dell'isola ed anche il più singolare, con le sue rocce nere e le sua piscine naturali di acqua cristallina verde smeraldo. Stando sotto la punta di rimane affascinati, ed allo stesso tempo sconcertati, da tante imponenza.

Superata la punta, si navigherà lungo il versante di ponente dell'isola costeggiando le spiagge, di ciottoli, il Moggio di Terra e Paratella fino a Punta Grande, l'acqua diventa bassa e si insinua tra le Sconciglie, i due scogli basaltici triangolari molto frastagliati "già citati" sede di nidificazione di gabbiani reali e berte minori. Proprio in questa parte di costa sembre si trovassero, dentro anguste grottem i rifugi di temibili pirati, costante pericolo per le navi che passavano a largo di Ventotene, allora disabitata. Allo scopo di porre termine a tali scorrerie, il 30 luglio del 1771 Re Ferdinando IV promulgò un editto che favorì il ripopolamento dell'isola, assegnando terre e sostegno economico a centoventi coloni, antenati degli attuali abitanti.

Da qui, tornando verso il porto si può, con un pò di fortuna e dimestichezza doppiare il Pizzo di Mamma Bianca, attraversando una bellisima grotta tufacea. Questa sbuca in una piccola e deliziosa spiaggetta a ridosso di una seconda grotta. Se alzate la testa, potrete vedere, con buona probabilità, che nella parte alta della parete rocciosa nidifica una coppia di falchi pellegrini. L'ultima parte della circumnavigazione passa per Punta Eolo (dove di trovano le rovine di Villa Giulia), poi, a ridosso della diga sottoflutto del Porto Nuovo, si incontrerà la grotta della regina Giovanna: entrandovi, si scoprirà una vasca di tufo dove si dice che facessero il bagno le regine romane. Proseguendo ancora si entrerà nella baia di Cala Rossano: qui si trova il porto commerciale e turistico. Infine, costeggiando sulla destra l'antemurale del Porto Nuovo, si arriverà nuovamente al punto di partenze: il Porto Romano.